Il settore primario dell’economia italiana riveste un’importanza significativa all’interno dell’Unione Europea, contribuendo con quasi il 17% al valore aggiunto complessivo. Secondo il Rapporto Ismea 2024, l’Italia mantiene la sua posizione di rilevo, posizionandosi al secondo posto dietro la Francia, in un contesto economico caratterizzato da difficoltà date da eventi climatici sfavorevoli. Tale analisi non solo evidenzia le criticità affrontate nel 2023, ma offre anche uno sguardo sulle dinamiche che influenzano l’agroalimentare.
Impatto degli eventi climatici sull’agricoltura italiana
Eventi avversi e danni stimati
Il 2023 ha rappresentato un anno impegnativo per il settore agricolo italiano, segnato da una riduzione del 3,3% del valore aggiunto a causa di fenomeni metereologici estremi. Il Rapporto Ismea individua alcuni dei principali eventi climatici che hanno influenzato l’andamento delle coltivazioni: le alluvioni nel mese di maggio hanno colpito duramente Emilia-Romagna, Toscana e Marche, mentre le gelate tardive hanno interessato ben il 40% delle aree agricole italiane, in particolare nel Nord-Est e lungo la dorsale appenninica.
Lungo il Sud, le ondate di calore hanno ulteriormente aggravato la situazione, portando a un bilancio dei danni stimato attorno a un miliardo di euro. I settori più colpiti da queste avversità includono frutta, foraggi e cereali, che hanno visto riduzioni significative nelle loro produzioni. In particolare, il comparto della frutta ha registrato un calo del 3%, mentre il vino ha subito una perdita drammatica del 16,1%, determinando la peggior vendemmia dal dopoguerra a oggi.
Analisi settoriale delle coltivazioni
Oltre agli effetti negativi sulla frutta e sul vino, il 2023 ha mostrato risultati favorevoli in alcune coltivazioni erbacee. In particolare, le colture industriali hanno beneficiato di un aumento dell’8,5%, mentre i cereali sono cresciuti del 6,6%. Tuttavia, la produzione di ortaggi e patate ha subito decrementi rispettivamente del 1,5% e 4,4%. Anche il comparto florovivaistico ha risentito delle avversità, riportando un calo del 3,8%, mentre la zootecnia ha registrato un calo moderato nel latte e nelle carni bovine, rispettivamente -1,1% e -2,6%.
Nonostante le avversità, nel panorama dell’agricoltura italiana si segnala un recupero significativo nella produzione di olio d’oliva, che ha evidenziato un aumento del 36%, anche se rimane lontana dai potenziali produttivi attesi. Questo mix di risultati accentua le sfide e le opportunità all’interno del settore, influenzando non solo l’economia, ma anche le politiche agroalimentari del Paese.
Performance dell’industria alimentare italiana
Crescita e valore aggiunto
Contrariamente al settore primario, l’industria alimentare italiana ha rivelato una performance nettamente migliore nel 2023. Il valore aggiunto ha registrato un aumento del 16% a prezzi correnti e del 2,7% in termini di volume rispetto all’anno precedente, evidenziando una crescita robusta che si è manifestata in un contesto decennale comunque favorevole. Il periodo 2014-2023 ha visto una crescita nominale del 45%, con un incremento reale del 26%.
Sebbene la produzione complessiva abbia mostrato una leggera flessione dell’1,7% rispetto al 2022, questo trend si inserisce all’interno di un quadro generale di crescita negli ultimi dieci anni. La segmentazione del settore alimentare mette in risalto come il lattiero-caseario occupi la posizione predominante, contribuendo al 14,3% del fatturato totale, seguito da ortofrutta , elaborati a base di carne e vino .
Ruolo dell’export
In questo contesto, i prodotti italiani di punta come pasta e olio si confermano elementi chiave per l’export, contribuendo rispettivamente con il 5,7% e il 5,1% al fatturato complessivo dell’industria alimentare. L’Italia si colloca al terzo posto nell’Unione Europea per il valore aggiunto dell’industria alimentare, con una quota dell’11,9%. Le prime posizioni sono occupate da Germania e Francia , mentre la Spagna segue con un valore del 10%.
L’interazione tra agricoltura e industria alimentare genera complessivamente un valore aggiunto di 77,2 miliardi di euro, pari a circa il 4% del PIL nazionale, con il settore primario che apporta un contributo predominante di 40,5 miliardi. Tali dati confermano l’importanza di un settore agroalimentare forte e resiliente per garantire la stabilità economica del Paese e la competitività sui mercati internazionali.