Come la trippa, la coratella d’abbacchio è considerata dai romani la regina del quinto quarto.
Un piatto semplice e succulento che si prepara tutto l’anno oltre che a Pasqua.
Intanto, diciamolo subito, per coratella si intende non solo il cuore ma anche le altre interiora, come polmoni, trachea, fegato, reni e milza.
Quelle parti considerate scarti della macellazione con cui spesso venivano pagati i “vaccinari” del famoso mattatoio di Testaccio.
Furono proprio le mogli di questi operai a realizzare le prime ricette con il cosiddetto quinto quarto, divenuto ormai una voce imprescindibile in ogni menù romano che si rispetti.
Se è buonissima anche da sola ma ancora meglio accompagnata da una quantità sterminata di cipolla, insieme ai carciofi la coratella diventa un piatto sublime.
Ma di varianti ce ne sono altre, come la coratella con le uova, di tradizione marchigiana o con le patate e i funghi, ricetta risalente addirittura agli appunti di Cristoforo Colombo che, della coratella, pare andasse ghiottissimo.
Per preparare una coratella coi fiocchi è necessario tagliare separatamente le varie parti, perché hanno differenti tempi di cottura.
Inoltre, bisogna eliminare il grasso e i nervetti che tenderebbero ad indurirsi.
La coratella può essere di agnello o di abbacchio, la differenza sta nell’età dell’animale e nel suo nutrimento.
L’agnello è più grande e segue un’alimentazione diversa rispetto all’abbacchio.
Il primo viene macellato dopo alcuni mesi di vita, una volta che lo svezzamento ha già avuto luogo.
L’abbacchio, invece, è il piccolo della pecora che è stato nutrito solo con il latte della madre. Solitamente esso viene macellato dopo 25-30 giorni dalla nascita.
Con il suo intingolo di fondo, la coratella con i carciofi è un ottimo secondo piatto già provvisto di contorno, di fronte al quale la “scarpetta” è d’obbligo.
Ingredienti
1 coratella d’abbacchio
4 carciofi romaneschi
2 spicchi aglio
olio extra vergine di oliva
1/2 bicchiere vino bianco
sale
mentuccia
aceto
alloro
cipolla
Preparazione
Io preferisco cuocere separatamente i carciofi e aggiungerli alla coratella verso la fine.
Metto la coratella in ammollo con acqua, aceto e una foglia di alloro: la renderanno più morbida e mitigheranno il sapore forte.
Pulisco i carciofi eliminando le foglie esterne, la parte più legnosa del gambo e la peluria centrale. Li taglio a spicchi e li metto in acqua acidulata con limone.
Scolo i carciofi, li asciugo e li trasferisco in una padella con olio e aglio soffritto, aggiungo poca acqua per aiutare la cottura.
Quando i carciofi sono ancora abbastanza croccanti aggiusto di sale e di pepe. Ora passo alla coratella.
Separo polmone, cuore, fegato e trachea.
Taglio quest’ultima a rondelle dopo averla lavata accuratamente facendo scorrere acqua all’interno e riduco il resto a pezzetti, mantenendoli però distinti fra di loro.
Scaldo l’olio in una padella (la ricetta originale vuole lo strutto), soffriggo la cipolla tagliata a julienne, unisco il polmone, poi la trachea e faccio cuocere per circa cinque minuti.
Quando sento il tipico rumore stridulo del polmone, aggiungo il cuore, sfumo con il vino e, infine, metto le parti restanti più tenere (fegato, milza se c’è).
Continuo la cottura per qualche minuto e unisco i carciofi. Lascio amalgamare i sapori, spolvero con la mentuccia, spengo e servo.
Alessandro Ziccarelli – classe 1961, cosentino di nascita, studi classici e in seguito universitari a Napoli, abbandonati forzatamente dopo un evento tragico familiare a tre quarti del percorso. La passione per la cucina lo porta, anche per necessità, a cambiare strada e a frequentare il primo corso di cucina nel 1984 sempre a Napoli, dove si perfeziona soprattutto nella cucina di pesce oltre a quella della cucina regionale di tradizione, culminata poi con la particolare ricerca delle ricette antiche, dei prodotti autentici, di nicchia e dei sapori di una volta. Un particolare riconoscimento va al Prof. Renato Bedini, grande esperto di cucina e non solo. Restio da sempre ai compromessi sui piatti italiani classici fondamentali. Dopo varie esperienze in Italia e, soprattutto ovviamente a Napoli, decide di partire per il Nordamerica e si ferma a Toronto dove apre nel tempo due attività nel campo della ristorazione e della pasticceria all’ingrosso, oltre ad una importazione di prodotti dall’Italia, dall’Europa e dal Sudamerica. Ritorna dopo un periodo di otto anni alla professione di cuoco assumendo diversi impegni in svariati e noti ristoranti sia a Toronto che a Woodbridge, dove fra questi ama ricordare gli anni trascorsi nell’apertura e nella conduzione della cucina del Ristorante Spaccanapoli di Tanya Levato e dei fratelli Carmine e Marcello D’Alonzo in Woodbridge, unico locale di cucina tradizionale, popolare e di pesce napoletana. Dopo varie esperienze in altri 8 ristoranti, attualmente ricopre il ruolo di Head Chef al Ristorante La Bella Italia di Toronto dopo aver ricoperto lo stesso ruolo nella location originale dello stesso ristorante a Maple. In possesso di varie certificazioni e diplomi come cuoco sia italiane che canadesi nonché membro di diverse Associazioni di categoria italiane, brasiliane, americane e canadesi, attualmente ha ricevuto la carica di Vice Presidente dell’Associazione Professionale Cuochi Italiani (APCI Canada). Di passione in passione, partecipa ogni settimana ad una trasmissione in radio (CHIN Radio Tv International) con interventi squisitamente culinari oltre a curare gli articoli personali e dei vari cuochi dell’APCI (Italiana, Canadese e Americana), pubblicati settimanalmente sul Corriere Canadese di Toronto.