L’andamento della campagna olearia 2024-25 in Italia si presenta con segnali di crescita nel Mediterraneo, mentre la nostra nazione si trova a dover affrontare una situazione a due velocità. Le recenti dichiarazioni di Assitol, l’Associazione Italiana dell’industria olearia, chiariscono che l’anno prossimo l’Italia sperimenterà una campagna di scarica, con produzioni inferiori rispetto alla media. Tuttavia, le differenze regionali faranno sì che alcune aree del Paese possano ottenere risultati migliori di altre, con l’impatto della crisi climatica che gioca un ruolo fondamentale.
Impatto della crisi climatica sulla coltivazione delle olive
Le difficoltà del Sud Italia
La crisi climatica ha avuto conseguenze significative sulle coltivazioni di olive, in particolare nelle regioni del Sud Italia. Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva di Assitol, sottolinea che “la siccità ha colpito duramente il Meridione,” che contribuisce con i due terzi della produzione complessiva di olio d’oliva in Italia. La Puglia, con la sua importante massa di uliveti, si distingue per la differenziazione delle condizioni climatiche da area ad area. In alcune zone i produttori stanno riuscendo a fronteggiare il problema della carenza d’acqua, mentre in altri i raccolti sono stati gravemente compromessi.
La varietà dei microclimi all’interno di questa regione è determinante. Mentre alcune aree, come il territorio del Salento, hanno sperimentato fenomeni di stress idrico severo, altre sono state meno colpite grazie a pratiche agronomiche più sostenibili. La gestione sostenibile delle risorse idriche diventa quindi cruciale per garantire un futuro più luminoso all’olivicoltura meridionale.
Le prospettive per il Centro-Nord
Contrariamente al Sud, le regioni del Centro-Nord d’Italia sembrano prospettarsi un’annata migliore. I dati iniziali indicano una produzione di olio d’oliva che potrebbe raggiungere risultati soddisfacenti, grazie a condizioni climatiche più favorevoli. Le aziende agricole del Centro-Nord stanno applicando tecniche innovative di coltivazione e gestione che possono mitigare gli effetti della siccità. Questa strategia è particolarmente importante in un contesto in cui l’industria dell’olio d’oliva italiana copre solo una parte del fabbisogno nazionale.
Tuttavia, le stime complessive parlano di una previsione di produzione nazionale intorno alle 200mila tonnellate, conseguente alle difficoltà affrontate. Questo numero si colloca ben al di sotto delle esigenze di approvvigionamento, destando preoccupazione tra produttori e consumatori.
Comparazione con l’andamento della produzione mediterranea
I leader di mercato in crescita
L’analisi della situazione olivicolo-mediterranea mostrerà un quadro ben diverso per i Paesi limitrofi. In Spagna, storicamente un leader indiscusso nel mercato dell’olio, si prevede una produzione che supererà 1.300.000 tonnellate. Questo amplifica la posizione spagnola come fornitore primario di olio d’oliva a livello mondiale, confermando il suo predominio nel settore.
Paesi come Turchia, Tunisia, Grecia e Portogallo stanno anch’essi assistendo a un incremento della produzione. In particolare, la Turchia potrebbe arrivare a circa 250mila tonnellate e la Tunisia intorno ai 320mila tonnellate. Anche se su scala più piccola, la Grecia e il Portogallo prevedono rispettivamente 230mila tonnellate e 170mila tonnellate, alludendo a un trend generale positivo per l’area mediterranea.
Sfide e strategie per le aziende italiane
Nonostante l’andamento italiano in flessione, le aziende oleare sono determinate a rassicurare i consumatori. Anna Cane ha affermato che “il settore ha già dimostrato la sua capacità di adattamento alle difficoltà imposte dalla crisi climatica, attraverso una selezione accurata delle materie prime.” Questa resilienza è fondamentale in un contesto in cui, generalmente, l’olivicoltura italiana non riesce a superare le 350mila tonnellate, mentre il fabbisogno si attesta attorno a 1 milione di tonnellate all’anno.
Per affrontare le sfide del mercato e garantire la qualità del prodotto, le aziende stanno sviluppando tecniche di blending, che consentono di combinare oli di diverse origini e caratteristiche. Questa pratica non solo aiuta a mantenere alti standard qualitativi ma anche ad ampliare la gamma di prodotti offerti ai consumatori, rispondendo così a un mercato sempre più esigente e diversificato.
L’analisi della campagna olearia 2024-25 evidenzia quindi un Paese diviso, con il Sud che affronta sfide gravosissime e il Centro-Nord che si presenta più promettente. Resta da vedere come queste differenze influenzeranno l’industria olearia italiana nei prossimi anni, in un contesto di crescente globalizzazione del settore.