L’Italia si conferma leader nell’importazione di olio d’oliva tunisino durante i primi mesi della stagione 2024/2025, assorbendo il 32,4% delle esportazioni. Questo incremento della quantità importata, che ha raggiunto le 42mila tonnellate e un fatturato di 207 milioni di euro, nasconde però un problema significativo: un calo drammatico del valore, sceso del 30,6% rispetto all’anno precedente, a causa dei prezzi internazionali in forte diminuzione.
Il panorama delle importazioni di olio d’oliva tunisino
Nel primo trimestre della campagna 2024/2025, le importazioni di olio d’oliva tunisino in Italia hanno superato le aspettative, rappresentando una parte sostanziale del mercato. La Spagna segue con il 27,3% delle importazioni, mentre gli Stati Uniti si fermano al 13,3%. La Tunisia, con un aumento del 7,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, punta a una produzione complessiva di 340mila tonnellate, con l’ambizione di generare circa 1,5 miliardi di euro di entrate. Questo panorama, sebbene positivo in termini di volumi, evidenzia tre aspetti cruciali: il calo dei prezzi, la vulnerabilità delle entrate tunisine e la crescente competitività verso i produttori italiani.
Con un prezzo medio che è sceso a 4,93 euro al chilo, rispetto ai 7,63 euro della stagione precedente, la Tunisia affronta ora un dilemma. Mentre per i compratori il costo ridotto è vantaggioso, gli agricoltori tunisini vedono enormi perdite sui loro guadagni. Questo squilibrio è un fattore di preoccupazione sia per il mercato tunisino che per quello italiano, contribuendo a una tensione crescente tra i due paesi.
L’accordo UE-Tunisia e le sue implicazioni
L’aumento delle importazioni di olio tunisino trova una motivazione chiave nell’accordo commerciale tra l’Unione Europea e la Tunisia. Questo accordo consente ogni anno l’esportazione di fino a 56.700 tonnellate di oli vergini d’oliva senza l’applicazione di dazi doganali. Mentre rappresenta un’opportunità per gli esportatori tunisini, lo stesso accordo costituisce una sfida per i produttori italiani, costretti a competere con condizioni di prezzo estremamente favorevoli.
Organizzazioni come Coldiretti e Unaprol hanno sollevato preoccupazioni significative riguardo all’influenza di questo accordo sul mercato italiano. Gli oli tunisini, venduti a meno di 5 euro al litro, stanno mettendo in crisi gli olivicoltori italiani che si trovano a dover vendere a prezzi sottocosto per rimanere competitivi. Un altro aspetto problematico è l’adeguamento alle normative europee: in Tunisia, infatti, non sono vigenti le stesse rigorose regole in materia di pesticidi e di trattamenti agricoli, creando una distorsione nei costi di produzione che ostacola il Made in Italy.
La risposta dei produttori italiani e le proposte per il futuro
La situazione ha indotto il presidente di Unaprol, David Granieri, a lanciare una proposta per limitare la validità dell’accordo UE-Tunisia per il periodo che va dal 1° aprile al 30 settembre. Questa modifica sarebbe mirata a evitare che l’olio tunisino inondasse il mercato italiano proprio nel momento in cui è disponibile l’olio “nuovo” italiano, offrendo un margine di manovra ai produttori locali.
In aggiunta, Coldiretti e Unaprol hanno espresso preoccupazioni riguardo al fenomeno delle frodi. L’olio straniero viene spesso spacciato per italiano, creando confusione tra i consumatori e danneggiando i produttori. Le associazioni chiedono l’implementazione di un sistema telematico unico a livello europeo per garantire la tracciabilità dell’olio extravergine lungo l’intera filiera, affinché la trasparenza e il rispetto delle normative diventino la norma, proteggendo così l’industria olivicola italiana, percepita come un patrimonio nazionale di grande valore.