Roma 17 giugno 2026 – Giuseppe Garozzo Zannini Quirini è una figura vivace, appassionata e curiosa, con una profonda cultura del vino e del cibo di alta qualità. Le sue passioni, ereditate dal padre, lo hanno accompagnato lungo un percorso formativo liceale e universitario che lo ha portato a vivere esperienze lavorative diverse e lontane dal mondo dell’enogastronomia, pur senza mai abbandonarlo del tutto. Sommelier da lungo tempo e docente in numerosi percorsi formativi, Giuseppe è anche un appassionato di storia e di estetica.
Assurto agli onori della cronaca come Il Conte di MasterChef Italia 4^ edizione, Giuseppe si diletta nel raccontare le sue scorribande enogastronomiche e continua a sperimentare in cucina, mantenendo il ruolo di “bruciapentole” davanti ai fornelli. Figlio d’arte, è legato alle sue origini meridionali, portando con sé i sapori, i profumi e i colori della Borbonia. Con un notevole senso dell’humor… Chi lo conosce lo descrive come vivace, intelligente, colto e curioso. Non sorprende, quindi, che Giuseppe sia stato insignito del titolo di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Lo abbiamo incontrato all’evento Alta Langa Roma, a Palazzo Brancaccio, e non abbiamo resistito a porgli qualche domanda.
Dove sta andando l’enogastronomia italiana?
“A livello nazionale sta andando verso traguardi sempre più ambiziosi, alti, di assoluta qualità. Per fortuna, dico io, perché noi abbiamo tanto da raccontare per tradizione, per alimenti, per ingredienti, quindi abbiamo veramente un mondo. Siamo probabilmente il territorio più importante dal punto di vista della biodiversità. E quindi per fortuna, stiamo cercando di raccontarci al meglio”.
Secondo lei, l’exploit della cucina gourmet potrebbe avere stancato un po’? Esiste un ritorno alla cucina delle nonne, quella più tradizionale?
“Probabilmente sì. Questo però laddove molta della cucina gourmet era fine a se stessa, era un esercizio di vanità e non un vero e proprio voler raccontare qualcosa. Dove lo chef riesce ad ottenere un risultato bilanciato, equilibrato tra la sua grande competenza, le sue grandi tecniche e la tradizione, allora riesce ancora ad essere vincente, ad essere un’offerta che attrae e che lascia interessato l’appassionato.
Mi ricollego a questa sua affermazione, per dirle che nel mondo della grande produzione, quella che utilizzano le famiglie, la qualità si sia inevitabilmente abbassata. Non c’è dubbio su questo. Di contro, nella ristorazione, si è cercato proprio per contrasto di aumentare la ricerca del prodotto locale o del prodotto comunque di qualità per offrirlo al pubblico?
“Allora, questo è un momento di crisi anche dal punto di vista economico rilevante, quindi la popolazione e il mercato ne risentono sicuramente. Il consumatore però, ha anche iniziato sempre più a preferire una cosa di alta qualità, più che tre o quattro con una qualità mediamente standardizzata, diciamo così. E questo secondo me è importante perché vuol dire che c’è curiosità da una parte e dall’altra (consumatori e chef, ndr) c’è anche la capacità di imparare, di evolvere, di far crescere anche il proprio gusto, cioè la propria percezione della qualità. E quindi sono speranzoso da questo punto di vista. Credo che nei prossimi anni, soprattutto i giovani, stiano cercando di capire qualcosa, anche di raccontare loro stessi, perché vedo molti giovani impegnati nell’agricoltura, nell’allevamento, nella ristorazione. E questo è bellissimo.
Le faccio l’ultima considerazione polemica: tutto giusto… Europa permettendo”
“Europa permettendo, però forse qualche spiraglio prossimamente ce lo riusciremo ad aprire. Almeno sembrerebbe così, da quello che leggo sembra che abbiamo la voglia, non so se la forza. Ma comunque abbiamo la voglia di dire ragazzi, ci siamo anche noi, vogliamo dire anche la nostra”.