Cannelloni ripieni di cinghiale, fonduta di taleggio e tartufo nero pregiato
Ingredienti
12 sfoglie quadrate per cannelloni
70gr. Lardo fresco di cinta senese
Salvia q.b.
Rosmarino in polvere q.b.
Aglio ½ spicchio
Origano secco q.b.
Maggiorana q.b.
400gr. macinato fresco di cinghiale
5carote
3cipolle
1costa piccola di sedano
Farina 00 q.b.
Vino bianco q.b.
1lt panna
200gr taleggio
30gr di tartufo nero pregiato
Procedimento
Preparare il battuto, fondamentale per dare al ragù un boquet di profumi e sentori ben assortiti, e per permettere di tirar fuori alla carne tutta la sua sapidità.
Battere dunque a coltello finemente il lardo, l’aglio e tutti gli odori fino a ottenere un composto omogeneo.
Consiglio dello chef: “per il ragù possono esser utilizzati diversi tipi di spezie in base ai gusti”.
Tagliare a cubetti sedano, carota e cipolla.
Mettere il battuto di lardo all’interno di un tegame con un giro di olio extra vergine d’oliva e, quando sarà sciolto, aggiungere sedano, carote e cipolle e lasciar mondare bene.
Nel frattempo condire la carne con un po’ di olio e massaggiandola bene, in modo che poi si sgranerà perfettamente in pentola.
Quando il soffritto sarà rosolato aggiungere il macinato.
Lasciarlo imbrunire e poi sfumarlo con il vino a coprire e lasciar evaporare.
Quando sarà evaporato tutto il vino aggiungere, di tanto in tanto, un po’ di brodo.
La cottura ideale per sprigionare tutti i sapori è di almeno 1ora e mezza/2, a differenza di altre carni la selvaggina è consigliabile non stracuocerla troppo.
Il risultato finale deve essere molto ristretto.
Per la fonduta di taleggio mettere 1lt di panna su di un pentolino con un pizzico di sale, lasciar sobbollire e ridurre di un quarto del volume.
Togliere dal fuoco il pentolino, aggiungere il taleggio a dadini e lasciar sciogliere mescolando di tanto in tanto.
Quando il ragù sarà freddo riempire i cannelloni, adagiarli all’interno di una pirofila coprendoli con la fonduta di taleggio.
Completare con una spolverata di parmigiano e infornare.
Appena ben rosolati saranno pronti per essere serviti.
Sfornarli grattando sopra il tartufo nero.
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Cucina semplice, ingredienti di qualità e amore per i prodotti che hanno una storia da raccontare: sono questi i pilastri di Matteo Militello, chef romano classe 1988 con origini umbre che ha cominciato ad amare la cucina tra la mura di casa, quando da piccolo si incantava a osservare la nonna mentre tirava la pasta. Proprio con lei inizia a cucinare e a scoprire i primi sapori, fino a muovere i primi passi verso quella che diventerà la passione della sua vita. Il suo viaggio gastronomico è cominciato abbastanza presto e a oggi è stato costellato da tappe di tutto rispetto, nonostante la giovane età. La prima esperienza in cucina arriva presso l’Hotel Quirinale di Roma, poi Matteo parte per Londra dove è rimasto due anni. Qui conosce e approfondisce la cucina thai, un tassello importante della sua formazione di chef che segna anche un primo approccio all’aspetto gestionale della ristorazione. Rientrato in Italia, ha lavorato al fianco di Guido Boemi a Castel Gandolfo, poi nelle cucine di Apuleius e Boccondivino. Successivamente è approdato a La Pariolina dove è stato sous chef di Andrea Di Raimo, divenuto suo mentore. Matteo viene poi chiamato a curare l’apertura di Brado, un vero angolo di montagna in città in cui le sue ricette a base di selvaggina hanno conquistato Roma: è stato il trionfo della grande cucina rurale, dei sapori autentici e genuini, highlights che da sempre guidano la sua ricerca culinaria. Oggi Matteo ha focalizzato i propri obiettivi professionali su Aventina, la bottega con cucina dove i prodotti di eccellenza – italiani e internazionali – sposano un’arte culinaria semplice ed essenziale, proprio come piace a lui.